Alessandra e Giacomo

Lei
Capelli luminosi, fulvi, grossi, tanti, su di un faccino di bimba furbetta. Attenta, tenera. E’ emozionata, l’emozione dei piccoli è inconfondibile. Da adulti si rischia di perdere questo slancio verso lo stupore. Mi guarda, deve fare la damigella d’onore alla cugina che si sposa in grande, in un’altra città, grande pure lei. Lo vuole bianco, che faccia rumore, quello che noi adulti chiamiamo fruscio. Se fa una giravolta, la gonna diventa di panna, come le dame, come le principesse. Non si devono vedere i piedini, lungo, lungo come il vestito della sposa. Il tessuto nasconde voile trasparente, un corpetto giallo farà da cornice. La sarta la mette in piedi su di una sedia, le infila dalla testa il vestito cucito con il filo da imbastire. Lo specchio di fronte è più grande di lei, più alto della sarta. Ride sottovoce, per poco non cade. E’ lei? Danza con le mani, si gira un po’, muove le braccia, piega la testa. Non parla, parlano i suoi occhi. Un nastro in vita, tanta vita. Quando sarà pronto sarà pronta pure lei. Il viaggio verso l’appuntamento con il mondo adulto, con la festa anche sua, inizia presto. Il vestito è appeso alla maniglia dell’auto, papà guida piano che si stropiccia… Alessandra accarezza il suo sogno vaporoso, stirato con cura. Tiene in mano un cestino di vimini bianco, ci metteremo i fiori. La sposa scende dall’auto, le sistemano l’abito, fa i primi passi accompagnata dal padre. Dietro, un piccola nuvola bianca, con i capelli rossi e una coroncina di tulle, una manina tiene il velo. Mi guarda, è proprio bella. Scende con grazia alcuni gradini, alzando l’orlo del suo momento, attraversa il cono di luce che si scioglie alla penombra della chiesa. Suonano Chopin.

Non si sentono i passi, un tappeto rosso, un tappeto di sogni, un tappeto volante, un volo verso anni a venire, anni venuti. I capelli sono ancora rossi, forti. Come lei, una donna.

Lui
Esce spingendo sul pedale della bicicletta rossa di papà, felice di averla.

Sulla schiena, allungata dal tempo che veloce trasforma un bambino in un uomo, lo zaino macchiato di erba. Tondeggia all’interno il pallone da basket. La sua passione, fin da piccolo. I pantaloncini troppo grandi per gambe affusolate ridono, mossi dall’aria. Sono più o meno le prime ore del pomeriggio, che sia caldo o tiri vento. La passione non ha temperatura, vince sempre.
Il campetto con il canestro ha attutito le loro corse quando erano bimbi. La palestra adiacente è chiusa d’estate. Le scuole superiori permettono di scavalcare la rete… crescere è trovare la soluzione. Sono sempre gli stessi, compagni di un percorso fatto di libri, di vittorie e di sconfitte. Giacomo, Matteo, Andrea, Massimo, due con i capelli rossi, un biondino, un castano. Li unisce un’amicizia solida. Per i compleanni il regalo migliore è la maglia con il nome e il numero del loro campione, da lavare ed asciugare in un lampo. Tutti giocano nella stessa squadra “importante”, stesso allenatore, trasferte in gruppo per affrontare agguerriti o facili avversari. Genitori e sorella al seguito, sempre.
Le partitelle “oltre la rete” sono puro svago. I ragazzi riescono a chiacchierare tra un palleggio e un passaggio. I tiri a canestro impongono silenzio, concentrazione, molleggio sulle ginocchia, occhio attento. Fuori. Dentro. Oltre la rete della scuola si ride, in campo ci si sostiene. Il pubblico applaude.
E’ bello il sole che verso il tramonto illumina questi cuori felici di essere insieme, che perdono la dimensione della fatica, del sudore, del tempo di rientrare. Cerco la fortuna di passare di là, in passeggiata, con la brezza che si alza verso sera, mi fermo sul marciapiede che corre lungo il campo. Osservo mio figlio, che si fonde con gli altri, che muove quella potenza che anni prima si è formata dentro di me. Aspetto, non è ancora il momento che si accorga di me. Lo guardo giocare, finchè Andrea mi trova con gli occhi. Giacomo si ferma, si gira, sorride. Un “ciao mami” accompagna un tiro a canestro. Ed è un olà che chiude la sera con una stretta di mano. Domani ci si vede, si dai ci sentiamo.

Oggi riecheggia, come fosse domani, l’eco della sua voce scaldata dal sole. Oggi ritorna a giocare, quando il tempo di adulto gli lascia respiro. Il sorriso è lo stesso.