La mia passione, dipingere.

Mio papà era bravo a disegnare, disegno tecnico, aveva uno studio. Sì, era anche ingegnere.


Per me era solo un grande papà. Rideva molto, ha vissuto bene perchè ha sempre fatto solo ciò che gli piaceva, erano altri tempi. Cerco di imitarlo ogni giorno, sono altri tempi.
Papà faceva caricature, ero piccola. Cresciuta, ho capito che era bravissimo. Scriveva pure molto bene e illustrava i pensieri. Lo guardavo e assorbivo. Alle scuole medie ho incominciato a muovere la mia matita. Lo schizzo che più mi piaceva?: un volto stilizzato di donna, questo.

Questa donna  però  era sempre  un po’  vecchietta, forse lo chignon le conferiva un aspetto antico. Malgrado ciò, era più forte di me disegnarla ovunque  con  quella pettinatura: le dava  un tocco  di classe?   Mah… Il tempo mi ha fatto scoprire che esisteva anche il décolleté, esistevano le spalle e le braccia.
Disegnare le gambe mi creava qualche difficoltà, o troppo magre o troppo grosse. Cancellavo, stizzita, caparbia riprovavo invano.
Gli anni hanno avuto cura della mia passione per il disegno, che silenziosamente mi aveva regalato mio padre.
A scuola erano la biro, la matita. All’università era la necessità di guadagnare qualche soldino. I miei volti stilizzati finivano su ceramiche ordinate da clienti improvvisati, ma generosi.
Un arcobaleno di anni nel tempo mi accompagna: matrimonio, cambio di città, due figli, un nuovo lavoro, nuove amicizie.
Affiorano nuovi colori, cambiano più volte ritmi e sentimenti, amicizie, solitudini, dubbi e incertezze, qualche buona certezza.
Si cresce, qualcuno dice si invecchia. Non esiste! Molti la chiamano vecchiaia, per mio figlio venticinquenne noi quasi sessantenni siamo “Quello anziano, lì… come si chiama?” Anziano?
“Sì, avrà sessant’anni, mamma…” e ti senti benvenuto nel club… Non esiste! E’ meglio definirla consolidata e mai consolidata creatività, morbidezza, determinazione, resilienza (bella questa parola, scivola via bene). E’ meglio definirla nessun attimo di tempo libero, se la mente è in modalità vulcanica.
Alcuni giorni mi sento sperduta nella marea di idee e colori che mi circondano e provo a fare un pò di ordine che non voglio fare. Quando il disordine è al massimo, mi rilasso, prendo una tela e, se non è disponibile, volo a comprarla anche se diluvia… e il mondo si spegne. Incomincia a nascere un quadro. Incomincia a nascere una nuova donna ogni volta.

Come nasce una mia donna? E chi lo sa? Non c’è una filiera accreditata di pensiero, c’è a volte solo un colore, o un odore, una necessità, un’arrabbiatura, un bisogno semplicemente di stare sola, io e i miei colori.
Mi ricordo che chissà chi una volta mi ha detto: “Portati sempre con te una penna e un notes, anzi anche un aggeggio per fotografare se puoi. Quando l’attimo arriva, fermati se stai guidando, camminando, lavorando e scrivi, fotografa, annusa, respira, siediti o alzati. Fai quello che vuoi, ma ferma il pensiero da qualche parte, un secondo dopo potrebbe non esserci più.”

Aveva ragione!
Qualche giorno fa ho scattato l’attimo in cui il sole, che se ne stava andando, illuminava l’arco che le case e il campanile della mia città formano da secoli. Un attimo dopo era ombra.
Dipingere è lo stesso, nell’attimo in cui … grazie papà.