Vittorio Zecchin
Written by paola on novembre 03, 2022
Un artista da Mille e una notte
Vittorio Zecchin, muranese di Murano (1878), veneziano che mai uscì dai confini della sua Venezia. Eppure la sua arte incanta, come avesse girato il mondo.
Figlio di un tecnico vetraio, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia è stato sicuramente un artista poliedrico che ha saputo declinare l’arte in forme diverse ed è reputato uno dei più originali interpreti italiani del Liberty.
Artisti illustri come Jan Toorop, Gustav Klimt e Teodoro Wolf Ferrari, lo ispirarono e lo portarono alla realizzazione di opere in vetro mosaico.
Le opere così varie, vetri artistici, arazzi, ricami e dipinti furono esposte alle Biennali di Venezia, Milano, Roma, Monza, Torino, Parigi.
Sua è la realizzazione di uno straordinario ciclo pittorico-decorativo su tela Le Mille e una notte*, realizzato per l’Hotel Terminus di Venezia nel 1914, probabilmente l’opera più celebre della sua percorso artistico.
Ad oggi questo stupendo ciclo è diviso in dodici pannelli: di questi, sei sono conservati nella Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, mentre gli altri sono di collezioni private.
Legati alla novella di Aladino, raffigurano il tempo in cui Aladino riuscì a conquistare la figlia dell’imperatore, la principessa Budur, grazie al genio della lampada che gli aveva procurato le ricchezze.
Questo postato è uno dei pannelli raffigurante la processione di principesse che in fila portano i doni, tra vesti e sfondo magicamente e geometricamente decorati.
Zecchin seguì la direzione artistica di famose vetrerie, in primis la Cappellin e Venini, cui seguirono altre, Ferro-Toso l’A.V.E.M., la Salir, la Barovier Seguso Ferro e la Fratelli Toso.
Non mancò di dedicare una parte della sua vita all’insegnamento, storia del vetro e storia del mosaico.
Venezia lo tenne con sé nel 1947.
*Mille e una notte: (fonte Treccani) In arabo Alf laila wa laila, è il titolo di una celebre raccolta anonima di novelle in arabo, ma di lontane origini indo-persiane, conosciuta in Europa ai primi del 18° sec. attraverso la libera traduzione francese di A. Galland.