“Faresti il ritratto anche di mia sorella Federica?” dice Sandra.

Devo dire la verità, quando arriva questo tipo di richiesta, da un lato spuntano un po’ di orgoglio
e di soddisfazione. I lavori precedenti sono andati a buon… gusto.
Resta il fatto che il battito cardiaco aumenta, subentra la paura di non farcela, di non cogliere
particolari importanti, di sbagliare l’intensità dello sguardo.

La responsabilità è indiscussa. La matita inizia a tratteggiare, la gomma si consuma, si fa e si rifà.
Vale per certi vini, vale anche per un quadro: bisogna lasciarlo decantare, una notte, due giorni, dipende.
Come a scuola, se non ci si concentra, meglio andare a fare due passi.

Poi arriva il tratto decisivo, si osserva il ritratto da vicino e da lontano, si percepisce se comunica
o se è statico, inespressivo.
La perfezione non esiste, esiste ciò che l’opera trasmette.
Per quanto si sia severi con se stessi, l’ultima parola è del soggetto ritratto.
Un buon lavoro è quando Sandra è contenta, Federica lo appende e se lo gode.

Un altro passo è fatto, domani sarà un altro giorno.
Sarà altra creatività.
Perché, diciamocelo chiaro, se ciascuno di noi ogni mattina sa che può creare qualcosa,
la vita si colora di un’altra sfumatura.

La vita si può dipingere in mille modi, a ciascuno la gioia di trovare il suo.

“Federica”
40×50 matita e carboncino su tela
Anno 2021