Tra un po’ mi apro. Forse. Ho la grande fortuna di poter decidere, se farlo o rimanere chiusa.

Aprire è un verbo complicato. Ha tanti significati, nessuno uguale all’altro. Come chiudere, del resto. Sono verbi che fanno la storia, sottolineano percorsi, infangano anime, plaudono successi, avvicinano, allontanano.

Faccio parte di loro, bisogna saperli gestire. Nata per nutrire, dissetare, respirare, la vita passa dalla mia essenza.  Intrappolo acqua, dolcezze, aridità, con la stessa velocità con cui me ne libero.

Accompagno lo sconforto, accolgo un sorriso, arresto le lacrime. Scendo a compromesso con il sonno e la veglia, a volte incautamente racconto nel buio segreti nascosti. Mi fermo, mi ritorco, mi coloro o mi nego.

Mi spiano, mi arriccio, mi deformo, mi libero, mi sazio. Entusiasmi sotto fremiti leggeri fatico a trattenere, così come l’allegria esplode inattesa. E rido.

Non c’è nota che io non conosca, urlata, velata, sommessa, silente, armoniosa, fragile. Non c’è anima che non mi conosca, non c’è corpo che mi possa abbandonare.

Così mi abbandono io, la sera, quando i muscoli si allentano, la pace mi attraversa. Adulta, non veglio il sonno con l’istintivo sorriso che fa dei bimbi piccoli angeli.

Resto, liberata da tutto e da tutti, mi ricompongo nel giusto posto che la vita mi ha dato. Domani sarà il profumo dell’aria a darmi il buongiorno.

Con parole, o in silenzio. Mi apro, mi chiudo.

La bocca.