Il ragazzo con il menù
Written by paola on agosto 10, 2017
Avrà un trentina d’anni. E’ di un magro che acceca, i jeans un po’ larghi, scesi quel poco.
Il ristorante è sulla spiaggia. Le canne di bambù, a nascondere il cielo, non salvano dal sole che filtra e riscalda.
Accomoda con garbo il menù sul tavolo, mi osserva. Occhi scuri, colore impreciso, la luce distorce. Il garbo dei gesti accompagna lo sguardo. Il mio pareo colorato e leggero contrasta con il tessuto pesante dei pantaloni, con il nero slavato di una maglietta vissuta. La voce si arrochisce nel chiedere se ho prenotato. La stanchezza di giorni segna il viso più bello. Chi sarà sua madre, che volto lei avrà? E’ del paese o è la stagione che lo porta al mare? Chissà se legge, se gioca a calcio o se cura le piante dell’orto. I minuti permettono voli infiniti, se vanno d’accordo. Penso a mio figlio che è in America, alla grande in Islanda. Penso alle foto scaricate ogni sera a condividere con me il loro viaggio- vacanza, meritata e guadagnata pausa dopo un anno di lavoro.
Lui avrà mai visto Venezia?
La scelta del vino mi riporta seduta. Prosecco, un calice, un’ impepata di cozze. Sorride. Una donna può bere un buon bianco frizzante. Nel cestino del pane accomoda fette tostate e grissini del forno. Li prepara sua nonna, si alza alle cinque perchè non manchino mai. E’ del posto.
Controlla la lista, la penna magica spunta veloce, lo ringrazio. Il viso si illumina, si volta a guardare il tavolo dietro.
“Il grazie è per te. Sei bravo, attento, molto educato.”
Due fossette si formano a piegare la bocca, svelando un segreto: i denti fermati da un filo in acciaio, attacchi su cui passa una morsa che cura, due elastici bianchi in trazione.
Lo guardo.
“Di solito gli elastici li tolgo in servizio, mi hanno sgridato, perchè non sta bene, ma oggi il male era davvero tanto.”
Lo riguardo, stupita. Racconto i miei figli, anni di cure, di viti e di baffi.
“Non devi, la salute è importante. La gente capisce, se non vuole, fa a meno.”
“Devo studiare e pagarmi il dentista. La cura fa effetto, con il naso respiro.”
Mi spiega pacato che il soffio va meglio, i denti intrecciati gli toglievano il fiato.
Il campanello che suona richiama comanda.
“Peccato, sarei stato qui a raccontarle l’esame. A settembre.”
Si volta e si avvia. Quel jeans scolorito, moderno, un po’ largo, la vita abbassata, gli dona.
Il sapore più buono è averlo incontrato. Mi porta il caffè, ancora un’ora, tra poco ha finito.
“Ti piace la pizza? Ce l’hai la ragazza? Allora stasera la inviti. Non dirlo a nessuno, sarà il nostro segreto.”
La sua mano scompare nella tasca a sinistra , con l’altra un saluto che è come un abbraccio.